Amy, una ragazzina di undici anni, di origini senegalese, vive in uno dei quartieri più poveri di Parigi, insieme alla madre e due fratellini. Frequenta la scuola pubblica dove si sente diversa dalle coetanee, già ipersessualizzate dai modelli adolescenziali che dilagano attraverso i social.
In casa infatti per lei si prevede un comportamento pudico e sottomesso come si conviene alle donne mussulmane del suo gruppo familiare. La ragazzina assiste alla sofferenza della madre che subisce la poligamia del marito. Il padre infatti sta per rientrare a Parigi dal Senegal con una nuova moglie e tutto il parentado si prepara a celebrare le nuove nozze il più sfarzosamente possibile.
Amy, in preda a sentimenti contrastanti, tra il timore della disobbedienza e la voglia di affermarsi, decide di ribellarsi ai costumi famigliari. Comincia a comportarsi nella maniera più oltraggiosa possibile, anche per riuscire a essere accettata nel gruppo delle ragazzine più scandalose della scuola. Vuole entrare nel gruppo delle Cuties, nomignolo scelto dalla gang delle adolescenti per partecipare a una competizione di danza.
Il balletto naturalmente rispecchia le coreografie ammicanti che dilagano su tutti i video da Instagram a TikTok. Così tra twerking e mosse lascive, anche Amy cerca una sua identità.
Questa è la trama di Cuties/Mignonnes, coraggioso film della regista franco senegalese Maïmouna Doucouré, premiato allo scorso Sundance Festival.
Recentemente la pellicola è stata aggiunta al catalogo di Netflix e per pubblicizzarlo è stato scelto un poster che enfatizza un momento del balletto dove le ragazzine sono in pose sexy e toralmente inadeguate alla loro giovane età. Da qui è iniziata la polemica, lo scandalo sul film accusato addirittura di inneggiare alla pedofilia. E in un’escalation di intolleranza è stata chiesta a gran voce la rimozione da Netflix.
Ho guardato il film proprio per capire quanto fossero fondate queste accuse e ancora una volta ho avuto la conferma della stupidità del fenomeno del groupthink, così popolare e pericoloso sui social media. Una nuova versione della caccia alla streghe: ci si aggrega attorno a un tema e si persegue aggressivamente l’idea stessa. Procedendo a spada tratta, contro tutto e tutti a prescindere da ogni ragionevole dubbio. E più l’opinione raccoglie adepti più si rafforza la virulenza della crociata.
Chiaramente chi ha osservato le immagini “incriminate” della coreografia delle ragazzine si è scandalizzato senza capire la trama della pellicola, ignorando il contesto in cui veniva filmata la scena del balletto. Senza valutare o riflettere, ma sentendosi felice di far parte di un gruppo di benpensanti, difensori della morale e dei pericoli in cui possono incappare gli adolescenti. Dimenticando che l’ipersessualizzazione dei teenager è iniziata almeno due decenni fa, attraverso le immagini televisive ed è fragorosamente dilagata con i modelli proposti H24 dai social media.
La posizione di questi agguerriti censori non solo ridicola e atemporale ma anche cieca: Cuties è un film che racconta una storia drammatica e non promuove certo la trasgressione. Ci sono numerosissime altre pellicole su Netflix, dedicate agli adolescenti, molto più esplicite. Perchè glorificano comportamenti stupidi e pericolosi. Solo per citare le più famose, che dire di Baby, Elite e Thirteen?