Sarei andata al cinema, sfidando il timore Covid, proprio per l’ultimo film dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, giovani e talentuosi registi. Avevo visto Terra dell’abbondanza e ammirato coraggio narrativo, realismo scomodo e anche la tagliente ironia.
Quindi attendevo Favolacce con curiosità ed entusiasmo, pellicola vittima del lockdown, rimasta bloccata nella distribuzione, ma nel frattempo è riuscita a vincere l’Orso d’oro al Festival di Berlino per la sceneggiatura e poi recentissimamente anche il Nastro d’argento come miglior film. Quindi quando, ieri l’altro, ho scoperto di poterlo vedere su Amazon Prime, ero piena di aspettative.
La trama prometteva benissimo per una vecchia cinica come me: genitori insensibili ed egoisti allevano figli infelici. Ma i bimbi sono meglio degli adulti. Metafora amara del nostro tempo, crisi della genitorialità e trionfo della superficialità. Una storia nera senza buoni sentimenti, overdose di angoscia e inquietudine (veicolate attraverso luci e fotografia con effetti ad hoc).
Ero bendisposta anche dalla lettura di recensioni gloriose, ma…forse chi ha recensito non ha visto tutto il film e si è limitato a una profonda assimiliazione dei concetti espressi gloriosamente nel comunicato stampa?
Può essere. Infatti il film è una versione ben peggiore di ciò che promette. Succede nei brutti film e anche nelle pellicole troppo cerebrali, e questo mi sembra il caso di Favolacce. Non volevo divertirmi, non cercavo buoni sentimenti, lungi da me l’illusione di un messaggio positivo. Ho amato Dogman , la storia tragica del canaro, dove l’angoscia era ubiqua. Mi aspettavo una pellicola del genere, invece sono rimasta molto delusa.
Gli attori recitano benissimo ma i dettagli improbabili della trama provocano irritazione. La vicenda è ispirata dal ritrovamento del diario di una ragazzina che fa le medie. Racconta della sua famiglia e dei vicini di casa. L’infelicità degli adulti irradia sui ragazzini e fa danni. Tutti sembrano assuefatti al fastidio e alla finzione. Con un accanimento sui dettagli ambigui e anche assurdi che la sceneggiatura non si dà pena di giustificare.
Qualche esempio? A una ragazzina vengono tagliati i capelli cortissimi (forse perchè ha i pidocchi) i capelli vengono fatti drammaticamente cadere sul tappeto (con grande gioia dei parassiti che possono così conquistare nuovi spazi domestici) e poi i genitori le fanno indossare una parrucca. Nessuna madre, neanche la più demente, farebbe una cosa del genere. (Si nota che i registi non hanno figli!). La stessa poveretta poi viene accompagnata a passare il pomeriggio da un amichetto con il morbillo per farla contagiare. Ma perchè? Non bastavano i pidocchi? È forse un messaggio no vax?
Poi c’è la ragazza più grande, diciamo ventenne, incinta, a due mesi dal parto, che provoca turbamento a un dodicenne. Sono a scuola (lei lavora alla mensa) e che fa la zozza? Accetta per merenda un biscotto Ringo dal giovanissimo ammiratore, poi si scopre un capezzolo, fa uscire un po’ di latte, ci inzuppa il biscotto e ne passa metà al regazzino. È comunicazione artistica, un messaggio erotico surreale? Testimonianza che i fratelli D’Innocenzo non hanno le idee chiare sull’allattamento e soprattutto sulla montata lattea?
Poi ovviamente il finale è tragico ma non voglio spoilerare, perchè se guardate il film sono comunque pronta a un confronto stimolante e proficuo!