Ho iniziato a guardarla per caso, su Tim Vision, in una sera di noia ed è stato colpo di fulmine. Una storia thriller intrigante che non si prende troppo sul serio: narra la storia di una killer professionista, nome in codice Villanelle (dal francese “villain” /cattivo femminilizzato per renderlo più grazioso!), una ragazza russa che uccide su commissione. Ha un passato oscuro, è sociopatica e intelligentissima. Incapace di provare empatia, perciò perfetta per il suo lavoro. Per fermare i suoi crimini a Londra si forma una squadra di agenti speciali sotto la guida di Eve Polastri, una detective altrettanto eccentrica.
I crimini di Villanelle, rocamboleschi e molto pulp, spaziano in tutte le più importanti capitali europee. La ragazza appoggiata dai suoi datori di lavoro, una fantomatica organizzazione di spie russe, viaggia molto, fa acrobazie, e riesce sempre comunque a sfuggire a chi vorrebbe arrestarla. La dinamica intrigante della storia è rappresentata dal legame che si instaurerà ( e si svilupperà sopratutto nella seconda serie) fra Villanelle ed Eve. Atratte e incuriosite l’una dall’altra si rincorrono e sfidano in continuazione.
Quello che rende la serie accativante, oltre la bravura delle interpreti, Jody Comer (Villanelle) ha appena vinto l’Emmy come miglior attrice protagonista, battendo Sandra Oh (Eve) per un soffio, sono i dialoghi fulminanti e ironici. Poi naturalmente c’è l’azione e il ritmo incalzante ma la sceneggiatura, originale spumeggiante e decisamente femminista, è certamente il punto di forza di questa serie.
Si tratta di uno dei pochi esempi in cui il romanzo, anzi in questo caso si trattava solo di una serie di racconti, che ha ispirato il plot è meno avvicente della trasposizione televisiva. I racconti, intitolati Nome in codice Villanelle erano nati come un’autopubblicazione, poi sono diventati canovaccio della serie tv e solo successivamente trasformati in un romanzo.