Le mie ambizioni di panettiera sono iniziate alcuni anni fa.
Da allora ho continuato a panificare serena finchè non è diventata di moda la pasta madre. Ho cominciato a sentirmi un po’ inadeguata. I panificatori fichi l’avevano e io invece no. Ho cominciato a cercarla, al super normale e poi anche in quello bio. Ho comprato bustine di sedicente pasta madre, ho parlato con commessi che mi hanno fatto promesse da marinaio: “Quella secca arriva in negozio la settimana prossima! “
Detto così solo per togliermi di torno!
Insomma ha sofferto, perchè ho capito che il club dei panificatori con la “vera pasta madre”, quella viva da crescere e accudire come un Tamagochi, era un elite esclusiva. Difficile entrare a farne parte.
Invece la fortuna ha guardato verso di me: una paio di settimane fa, sono stata a trovare un’amica che teneva in frigo proprio il Sacro Graal, la vera pasta madre, ed è stata così generosa da regalarmene un po’. Prima naturalmente mi ha spiegato a cosa andavo incontro: una relazione seria e coinvolgente. Il lievito madre infatti è un elemento vivo, da curare e nutrire con dedizione.
“Sì, lo voglio!”, ho affermato con consapevolezza e l’ho portata a casa.
La prima difficoltà l’ho avuta cercando di togliere la pasta madre dal contenitore da viaggio: come un blob continuava ad attaccarsi alle mani e impedirmi i movimenti. Aggiungevo farina ma lei non si staccava. Era forte e viva, voleva dimostrarmelo. Allora ho cominciato a urlare “Aiuto!” finchè mia figlia non mi ha sentito ed è arrivata ad aggiungere ancora farina sulle mie mani (da sola non potevo perchè ero impiastricciata fino al gomito) e finalmente sono riuscita a domare quel lievito prepotente.
Poi la relazione è migliorata. Ho imparato a fare il “rinfresco” per nutrirla: una volta alla settimana si aggiunge lo stesso peso della pasta in farina bianca e metà dose di acqua. Si impasta bene e poi si ripone nuovamente in frigo, in un barattolo chiuso.
Ieri, con emozione, mi sono anche lanciata nella prima panificazione. Avendo sempre usato la macchina del pane ero un po’ timida e insicura nell’impastare, ma ho cercato di impegnarmi. Fare il pane con questo lievito è un processo lungo, da pianificare nell’intera giornata. Questa è la ricetta che mi ha passato gentilmente la mia amica:
Ingredienti
- 120 gr pasta madre
- 180 gr farina di tipo 2
- 200 gr farina integrale
- 1 cucchiaino di sale
- 1cucchiaino di malto di malto/riso (o zucchero di canna)
Procedimento
- Impastare con vigore per dieci minuti e poi lasciare lievitare per 4/5 ore, in un recipiente coperto da uno strofinaccio, nel forno spento .
- Riprendere l’impasto, lavorarlo e lasciarlo nuovamente a riposare per altre 2 ore.
- Impastare nuovamente e lasciar lievitare per altre 2 ore.
- Dopo queste 8/9 ore di attesa si può finalmente accendere il forno a 250° con l’accorgimento di inserire anche un pentolino di acqua, per garantire l’umidità. Infornare la pagnotta cuocendo alla massima temperatura per i primi 15 minuti, poi abbassare. Ho cotto il mio pane per soli 20 minuti (forno ventilato) la ricetta originale prevedeva 30-40 minuti.
Con molto ottimismo e audacia ieri sera mi sono anche avventurata nel pianeta pizza: ho diviso l’impasto alla fine della lunga lievitazione, preso il mattarello e steso la pasta. L’ho cosparsa di passata, mozzarella vegana, olive, capperi e origano. 15 minuti nel forno e voilà: un miracolo!