Sulla vicenda di Stefano Cucchi ero sommariamente informata, sapevo della lotta, senza sosta, della sorella Ilaria per ristabilire la verità sulla morte del fratello. Negli anni ho letto sulle pagine dei giornali i lenti progressi dell’inchiesta per far luce su una vicenda torbida e drammatica.
Adesso finalmente con il processo stanno venendo a galla dettagli alluncinanti di coperture e bugie. L’altra sera su Netflix ho trovato il coraggio di guardare Sulla mia pelle, il film che ripercorre l’ultima tragica settimana di vita di Cucchi.
Una pellicola forte ed equilibrata, che fa un ritratto sconvolgente, senza sconti, del suo protagonista. Stefano Cucchi era un ex tossico, bugiardo, ribelle e anche un po’ insolente.
Per questo ne esce un personaggio vero, non solo la vittima della brutalità di chi l’ha arrestato. Poi c’è sua famiglia, delineata benissimo, genitori borghesi, affettuosi, costantemente preoccupati per quel figlio difficile. L’hanno aiutato anche sbagliando, come facciamo tutti, probabilmente per troppo amore. E anche la sorella che viene sempre coinvolta, suo malgrado, che si avvelena la vita, per la balordaggine costante del fratello.
Il regista Alessio Cremonini, ha saputo delineare con efficacia una famiglia normale, a cui viene sconvolta la vita e tolto ogni rispetto. Mi ha colpito moltissimo, come queste persone vengono trattate quando, durante l’arresto, chiedono notizie. Domandano di vedere il loro figlio arrestato. Vengono allontanati con scuse varie, in nome delle regole, di una burocrazia ottusa e inutile. E quando Stefano muore diventano quasi un fastidio.
Questo film è drammatico ma molto educativo: andrebbe proiettato nelle scuole. Vale più di mille discorsi contro l’uso delle droghe. E’ più efficace di tanti anatemi e proibizioni. Riesce, senza falsi moralismi, a far ragionare i ragazzi e far comprendere quanto possa essere pericoloso essere fermati con un po’ di sostanze in tasca. E quanto in nome dello sballo, a volte, sia facile bruciarsi la vita.
Mentre sulle responsabilità di chi dovrebbe garantire l’ordine pubblico e abusa invece del proprio potere, il film non prende posizione, rimane documentaristico. La verità, si spera, arriverà alla fine del processo in corso.