Ieri, 21 aprile, cadeva il duecentesimo anniversario della nascita di Charlotte Brontë e tra le tante celebrazioni ho visto un documentario alla BBC particolarmente intrigante che mi ha fato scoprire alcuni aspetti della vita dell’autrice di Jane Eyre e delle sorelle Emily e Anne.
Tanto è stato scritto sulla loro vita a Haworth, paese nell’ovest Yorkshire, nella casa di famiglia (oggi trasformata in museo) la canonica con giardino e cimitero annesso dove vivevano perchè il padre era parroco.
Innumerevoli dettagli sono stati raccontati sulla mestizia della loro vita famigliare, la madre era morta e anche le prime due figlie, e il padre preferiva ritirarsi nelle sue faccende piuttosto che trascorrere molto tempo con i quattro figli rimasti: le tre sorelle e il fratello Branwell. I ragazzi per non soffrire troppo si rifugiavano in un mondo fantastico da loro inventato, si chiamava Glass Town e aveva un plot fantasy molto complesso. Ricco di intrighi, tradimenti, magia, amore e morte. Una sorta di Game of Thrones ante litteram.
Sono stati rinvenuti dei microscopici libretti scritti fitti fitti creati dove i ragazzi Brontë raccontavano e illustravano (il fratello era il disegnatore) le storie che inventavano.
In uno di questi intrighi c’è anche il prototipo del personaggio di Edward Rochester, l’amore di Jane Eyre, si trattava del Duca di Zamorna, frutto della fantasia di una precocissima Charlotte che già a 13 anni, nel 1829, lo descriveva in una vicenda intitolata Two Romantic Tales. Una storia ambientata nel nord d’Africa, dove Zamorna era il protagonista ambiguo, intrigante e irresistibile.
A quei tempi non c’era wattpad ma Zamorna è l’avo (griffato) dei belli tenebrosi e pericolosi che oggi spopolano nella classifica dei best-seller.
La fantasia di Charlotte è stata la sua salvezza, ciò che l’ha aiutata a sognare e sopravvivere in una realtà durissima. Infatti nell’Ighilterra vittoriana, in piena rivoluzione industriale, a Haworth, la mortalità infantile, sotto i 6 anni, era del 40% e il via-vai del cimitero davanti a casa contava 24 sepolture al giorno.
Non è andata così bene al fratello Branwell che (probabilmente per problemi sentimentali) divenne alcolista, facendo capire alle sorelle che dovevano industriarsi loro per sbarcare il lunario, mentre lui collassava ubriaco sul pavimento della cucina.
Così Anne trovò un lavoro da governante, (che divenne l’ispirazione per il suo Agnes Grey) e fu licenziata quando la signora per cui lavorava scoprì che aveva legato alla sedia i bambini per farli stare buoni.
Emily invece rimase a badare alla casa di Howarth, era bravissima nelle faccende domestiche e aveva un trucco per sfogare le sue frustrazioni. Sparava nella brughiera con la pistola del padre. Il reverendo Patrick infatti teneva un’arma come difesa e l’unica figlia a cui aveva insegnato a usarla era Emily, così lei ne approffitava.
Charlotte fu l’unica che viaggiò: andò a Bruxelles per imparare il francese e si innamorò di Monsieur Héger, il suo professore, che sfortunatamente era già sposato. Ma questo amore infelice servì da canovaccio per la trama de Il professore, il romanzo che scrisse nell’inverno del 1846 quando tornò nello Yorkshire.
In quel periodo il progetto delle Brontë sisters divenne quello di guadagnare con la scrittura. Insieme, sedute allo stesso tavolo Anne scrisse Agnes Grey, Emily produsse Cime tempestose e Charlotte, appunto Il professore (con io narrante maschile e una gran voglia di rivincita, nella finzione letterario infatti era Monsieur Héger che si innamorava di lei).
Terminati i manoscritti Charlotte li spedì a varie case editrici londinesi. Quelli delle sorelle furono accettati per la pubblicazione, mentre Il professore fu rigettato.
Ma Charlotte non si perse d’animo e ci riprovò l’anno successivo con Jane Eyre firmato con lo pseudonimo maschile Currer Bell… e il resto è storia della letteratura.
P.S. Quando nel 1855 Charlotte sposò Arthur Bell Nichols, il nuovo curato di Haworth, il padre della scrittrice, reverendo Patrick, contrario al matrimonio, si rifiutò di accompagnarla all’altare.