Me l’ha prestato un’amica dicendo: “Assomiglia tuo romanzo, vedrai che ti piacerà”
Così è stato. Ho cominciato a leggere questo libro e a ridacchiare. Mi sono divertita perchè sono cinica e soprattutto perchè abito a Milano, quindi le storie della protagonista le posso capire, comprendere e anche giurare che forse sono esagerate ma solo un pochino. Se le protagoniste di Affari d’amore ad alcuni ottimisti sono sembrate forse inverosimili, (“Ma esistono davvero donne così?” mi ha chiesto qualche lettrice) quelle di questo romanzo di Giuseppe Culicchia sono anche peggio. Ma esistono. Infatti leggendo le avventure di Gaia, la protagonista, abbastanza superficiale da pensare solo alle griffe, al peso e ai soldi, ho visualizzato alcune conoscenti. La storia è ironica, volutamente iperbolica, ambientata in una Milano dal glamour di facciata, che nasconde tic, manie e soprattutto debolezze. Gaia è una socialite, va a tutte le feste, adora apparire nelle rubriche fashion dei femminili, ma in fondo è una donna semplice: infatti riflette sempre sulle stesse cose e l’autore per enfatizzare il suo mono-neurone che lavora, ha taglia-incollato sempre le medesime frasi del Gaia-pensiero nei vari capitoli del romanzo.
Comunque la storia mi ha catturato e per due-tre sere non vedevo l’ora di andare a letto, per potermi concedere la lettura del romanzo, ghignare e addormentarmi serena.
Non mi rattristavo anche se la parabola di Gaia è discendente, infatti da ricca e magra signora della Milano che conta, la nostra comincia a scivolare verso l’abisso. Viene cacciata dall’agenzia organizzatrice di eventi dove lavora, l’amante la molla, la figlia adolescente la odia, il marito sparisce e i soldi finiscono.
Un vero dramma, descritto però con geniale sarcasmo dall’autore. Riuscirà Gaia a rimanere a galla?
Non ve lo racconto per non rovinarvi la sorpresa.
Sono stata colpita invece dalla perfezione di tutti i luoghi milanesi citati, ci sono solo due piccoli errori. Un Suv in corso Buenos Aires si riesce a parcheggiare solo nella settimana di ferragosto, poi nel curriculum di Gaia è citato il liceo più arduo della città: è improponibile che la decerebrata protagonista e le sue amiche siano riuscite a frequentarlo. Per il resto è una storia milanese esemplare.
7 Replies to “Venere in metrò”
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Teniamo le dita incrociate per la povera Gaia, ché le storie a lieto fine non saranno sempre realistiche, ma fanno bene al cuore di chi le legge… (almeno alle romantiche d’antan come me, eheheh!)
Ciao!
Caspita, hai fatto outing!
Non credevo che un’arrampicatrice di vette, strenua e coraggiosa, nascondesse un cuore romantico!
leggiamolo, si mi intriga
Rimarrai (non l’avevo mai scritto questo futuro!) incredula sulla grande Milano ma ridici sopra 🙂
se la ferragni fa la bocconi… 😉 (Culicchia è bravo forte, se ti è piaciuto consiglio anche Bruci la città, sul “boom fighetto” di Torino e l’indimenticato Tutti giù per terra)
BAnche Sara Tommasi è un’ex bocconiana quindi 😀
Adesso mi procuro gli altri tomi di Culicchia che prima di questo romanzo non avevo ancora letto!
l’avevo notato durante le mie incursioni in libreria….a me piacciono le storie un po’ cattivelle