A sedici anni una sera ero a una cena di classe, a quei tempi l’atmosfera era molto più trasgressiva delle riunion che facciamo oggi, e mi ero ubriacata. Credo con del sangiovese o forse era trebbiano. Comunque.
Ne avevo bevuto un po’ troppo. Poi come spesso succede in vino veritas ho fatto una rivelazione inquietante.
“Sapete, sono cinese”
Qualcuno ha allontanto la bottiglia e mi ha consigliato:
“Smettila di bere”
Allora mi sono tirata gli occhi, per renderli più a mandorla, essere più convincente.
Ho insistito: “Me l’ha raccontato mia nonna, abbiamo antenati cinesi”
Mia nonna veniva da Genova, ed era bionda, ma un po’ di sangue cinese, in quel mondo variegato di marinai e naviganti ci stava benissimo. Quindi mi sentivo cinese. Faceva figo.
A quei tempi poi nessuno odiava/criticava i cinesi, nessuno pensava che stavano conquistandoci, comprando ad esempio tutti i bar a Milano e imparando anche a fare capuccini buonissimi. Nessuno guardava con sospetto i pizzazioli e i sushi men cinesi. E non si poteva certo ancora accusarli di inquinare il pianeta e produrre giocatttoli tossici.
A quei tempi i cinesi erano cinesi e basta, con i capelli lisci e gli occhi a mandorla. Per essere credibile dovevo usare molta piastra e molto eyeliner, quindi nessuno dei miei compagni mi ha creduto.
Per loro ero ubriaca ma non cinese.
Sono passati tanti anni e l’altro giorno, Anita che studia medicina a Pavia, mi ha telefonato per darmi, a suo parere, una notizia sconvolgente.
Da uno studio sul DNA, con campioni raccolti nella sua facoltà tra gli studenti, abbinato all’albero genealogico di ognuno, aveva appena avuto il risultato del suo ramo materno.
E cosa è venuto fuori? Il nostro è un ceppo del sud est asiatico!
Magari coreano, magari filippino, magari giapponese.
Non voglio approfondire i dettagli, l’importante è che avevo ragione a sentirmi cinese dentro!
Quindi, con soddisfazione, le ho risposto: “L’ho sempre saputo!”