Uno scrittore è sempre infelice: quando non riesce a pubblicare, quando pubblica ma non vende, quando vende ma qualcun’altro vende più di lui.
E ancora quando il suo romanzo in libreria ha una posizione di secondo piano, quando l’ufficio stampa non pubblicizza bene il libro.
Ma anche quando non l’invitano a quel festival letterario, quando il suo agente fa un lavoro pessimo, quando non vince il premio prestigioso, quando qualcun’altro sforna un best-seller più best-seller del suo.
Insomma una sofferenza continua, un martirio senza fine, in cui il classico blocco dello scrittore, la mancanza di ispirazione, diventa il male minore. Quasi una bazzecola.
Tutte questo disagio, verissimo, viene descritto con genialità e ironia da Luca Ricci nel suo libro più recente, I difetti fondamentali, diciotto racconti per svelare la psicologia di chi scrive e pubblica (o sogna di farlo).
C’è il tormento di chi continua a telefonare alla casa editrice a cui ha inviato il manoscritto, sperando in una risposta. La voglia di isolamento dell’autore frustrato che, per cercare ispirazione, rifugge la moglie e rischia il divorzio.
Poi il fortunato che affitta per caso una camera del suo B&B all’agente letterario più potente del mondo, allora si fa audace e dichiara le sue velleità da scittore.
L’autore famoso che si finge morto per vendere sempre di più (il mio editore mi aveva consigliato una strategia del genere, giuro!), l’invidioso che gongola quando il libro dell’amico è un flop e poi la scrittrice di chicklit che diventa una pazza gattara (quella sono io).
I racconti a volte virano sul fantastico, mantendo però sempre dialoghi fulminanti e uno stile spassoso e coinvolgente. Il dorato mondo delle lettere è una brutta bestia e Luca Ricci riesce a illustrarne tutte le inquietanti e folli sfaccettature.