Sant’uomo, nato a Palo Alto da un microchip, me lo ripeteva già quindici anni fa: “Voi sparirete tutti!”
Come Cassandra, prevedeva il futuro dei giornalisti: destinati a estinguersi a causa della rete. Ridevo e sopportavo di andare a letto in tre: io, mio marito e il suo laptop. Già allora lui, convinto sostenitore dell’open source, leggeva on-line.
Da un po’, la sua infausta profezia si sta avverando. Ora con la crisi economica e soprattutto pubblicitaria, che ha colpito l’editoria, la mannaia è già calata su teste e testate. Lo racconta e conferma anche questo articolo.
Per quanto sia più attratta dal web di tanti miei colleghi, trovo che sia uno scenario un po’ inquietante. In questi giorni ho discusso, l’altra sera con Wwm ma anche con un paio di colleghi di redazioni diverse sul rapporto tra la rete e la carta stampata.
L’era di internet ha ridimensionato il potere e la potenzialità dei giornali. I quotidiani si leggono on line, negli Usa il New York Time è a rischio.
In Italia solo il 30% della popolazione si connette ma la forza della rete è comunque dilagante.
Per la categoria dei giornalisti, casta invidiata e odiata, l’era delle vacche grasse è agli sgoccioli. La rete è “nemica” dei giornalisti e la maggioranza dei colleghi mal la sopporta, perché tutti copiano, scrivono, tagliano e incollano. Le fonti, prima di tutto i quotidiani, sono vampirizzati e riprodotti. Delle foto non mi sono mai preoccupata troppo (ho sempre lavorato sui testi e non sulle immagini) ma anche qui è tutto un ruba-ruba. Gli scoop e il copyright sono oramai un lontano ricordo: i fotografi professionisti disperati.
In un attimo la globalizzazione facilita la comunicazione, rende “il mezzo” accessibile a chiunque, ma banalizza tutto.
Appostamenti e reportage diventano quasi un lavoro da masochisti.
La prima regola del giornalismo è verificare una notizia. Ora si copia e si tengono le dita incrociate. Peccato che andando avanti così si produca un pericoloso circolo vizioso, dove alla fine non ci sarà più niente di vero, andare a cercare alla fonte sarà un’abitudine antiquata e controproducente. Google non si basa sulla veridicità ma sulla rilevanza (sul numero dei “clicchi” di una notizia).
Cosa succederà all’informazione? Sarà sempre più manipolata dal marketing? Dal potere politico? Dai blogger più capaci?
Penso che questo sia il periodo del buio, una specie di Medioevo dell’informazione: un momento di passaggio reso più difficile dalla drammatica situazione economica. Poi ci sarà un assestamento, come predice anche l’articolo che ho citato. L’informazione ne uscirà “ripulita”: la qualità dovrà trionfare. I giornali fuffa spariranno e così le mega-redazioni, ma anche il pressapochismo in rete fare una brutta fine.
Speriamo che sia così… voi cosa ne dite?
identico a quello che ho sposato io. ma che sarà?
Nonostante si pensi il contrario, internet inteso come strumento di massa, è ancora un infante. Non si sa cosa diventerà nè dove ci porterà.
Io credo che la differenza la facciano sempre le persone. Se vogliono qualità cercano la qualità.
Anni fa sono stata legata a una notizia che ha avuto rilevanza sulla cronaca di Torino de “La stampa” e su “Torino cronaca” (un quotidiano che viene venduto a 20 centesimi). Lì si è vista la differenza tra l’improvvisato che aveva creato un articolo copia-incolla e chi era andato a cercare un minimo di riscontro nel reale. Uno dei due è stato intimato di rettificare l’articolo prima che scattasse una denuncia.
Io non credo che qualità sia uguale a carta.
Non sono riuscita a leggere l’articolo collegato, perchè da qui mi esce la scritta:”sito dal contenuto indecoroso o offensivo” e non mi consente l’accesso. 🙂 Ma il tuo post dice già molto.
Internet facilita il fenomeno di cui parli e lo ampifica ma leggendoti mi è venuto in mente un libretto che trovai tempo fa dentro Avvenimenti “Sotto la notizia niente” di Claudio Fracassi. Il rischio che sotto le notizie non ci siano fatti veri non nasce oggi (il libro ha 15 anni, non esattamente l’età della pietra), forse oggi viene amplificato. Il problema è che spesso lo stesso fatto assume toni e colori diversi e viene tradotto in qualche modo dalla ideologia di chi lo descrive e la notizia dove finisce?
@Renata
Ho verificato, cancellato la cronologia, la cache, come mi ha insegnato l’altro giorno Gloria e riesco a linkare l’articolo che comunque 8se vuoi risalirci in altro modo, era su D di Repubblica di sabato scorso e si intitola: “News pagarle o no?”.
Sulla verità, la qualità e la manipolazione ideologica condivido in pieno: carta o rete se scrivi una schifezza è sempre una schifezza. Il problema con il web, è che la tentazione SEMBRA essere più forte, perchè si lavora più velocemente e si risparmia, spesso, a scapito dell’approfondimento.
Ammetto di non conoscere bene la situazione di cui parli, però da fruitrice della rete (sono una che ha eliminato TG e quotidiani e si informa on-line) mi sono spesso accorta, invece, del problema inverso: giornalisti che fanno un cattivo uso della rete. Un esempio: il proliferare di non-notizie che nascono da video curiosi trovati su Internet. Oppure casi come quello capitatomi qualche giorno fa. Un articolo del Corriere on-line affrontava il problema degli hikikomori e l’autore sosteneva che il fenomeno si sta diffondendo anche in Italia. Per avvalorare la sua tesi, citava il nickname di un ragazzo che in rete scriveva “io sono uno hikikomori”. Ecco, peccato che quel nickname appartenesse ad un amico del mio ragazzo, che in un forum sul cinema asiatico aveva fatto una battuta definendosi così. Insomma, il giornalista -ahimè-probabilmente ha digitato “hikikomori” su google barrando la casellina “solo siti in italiano” e ha copincollato la prima cosa che ha trovato, senza verificare il contesto. Scusa se mi sono dilungata, ma mi sembrava un buon esempio del “circolo vizioso” di cui parli, che a quanto pare gira in entrambe le direzioni 🙁
PS grassie del commento, mi fa piacere che tu abbia apprezzato il mio blogghino!
PPS hikikomori
l’argomento mi interessa assai, perché anche io 10 anni fa predicevo le stesse cose. e tutti a ridere. la carta stampata, le megaredazioni sono destinate non dico a sparire ma quanto meno a ridimensionarsi e molto. è questione di costi, come dimostra il New York Times e quello che gli sta succedendo. come si può pensare di sostenere i costi di redazioni elefantiache in epoca in cui tutto è snello grazie alla rete? i giornalisti da sempre hanno mal sopportato la rete, è ovvio, scusa se mi permetto ma ne ho conosciuti troppi convinti di essere gli unici depositari della verità. certo, c’è molto pressapochismo in rete, molti non indagano prima di dare una notizia, ma quanti giornalisti ho conosciuto che erano pressapochisti e mettevano comunque nero su bianco la notizia? è questione di serietà, sia in rete sia sulla carta stampata. scusa la mia arroganza, ma non ho mai sopportato l’idea che si debba sostenere un esame per avere il permesso di scrivere. 10 anni fa quando iniziavo a pubblicare magazine online, l’ordine dei giornalisti italiano pretendeva che tutti ci si registrasse al tribunale, il risultato è stata una bella pernacchia da parte della maggioranza.
@Tanaka
Divertente la storia del tuo amico, adesso mi vado a vedere il link. E’ anche emblematica dell’approccio dei giornalisti “della lettera 22” come dice mio marito che osa allegramente sbeffeggiare Montanelli.
@Itmom
Tasto dolente quello degli esami di stato! Proprio l’altra sera alla nostra cenetta parlavo con Valewanda dell’esame da procuratore legale e dell’escamotage di farlo a Catanzaro, come la nostra cara Gelmini. Quello io l’ho schivato, ma ho patito quello dei giornalisti e sono finita nella sessione dello scandalo: per sei mesi, dopo aver fatto lo scritto non si sapeva se sarebbe stato valido o avremmo dovuto rifarlo. L’esame di stato per i giornalisti c’è solo in Italia e in Egitto (ma forse lì l’hanno tolto?) :-))
Non è tristissimo che perfino i telegiornali trasmettano notizie bufala prese pari pari dalla rete e filmati di pessima qualità presi da Youtube? Questi non sono giornalisti. E lo spettatore medio lobotomizzato se ne renderà conto?
Pamela
COme ti ho già detto, non credo che il “cartaceo” possa sparire. Ci sarà sicuramente, e forse anche per fortuna, una riqualificazione della stampa in generale.
L’impatto, la leggibilità, l’usabilità di un testo scritto è totalmente differente dallo schermo.
Se ne era parlato anche con la diffusione della televisione. Le cose sono indubbiamente cambiate, ma sappiamo tutti che leggere un libro non è e non sarà mai come vedere la rappresentazione cinematgrafica del libro stesso.
Con internet tutto è cambiato e sicuramente l’informazione è più veloce, globale e fare informazione diventa sicuramente più difficile. Se si vuole fare BUONA informazione.
Basti guardare il non-successo degli ebook. Tutti preferiscono leggere e sfogliare le pagine di un libro piuttosto che scorrere il mouse su uno schermo. Ci si stanca anche di più.
Internet ha cambiato anche il modo di ascoltare la musica. Ma se noti bene, ora i musicisti, quelli bravi e che sanno fare musica, guadagnano con i cncerti, con i Live. E qui saltano fuori i bravi…
io vedo di buon occhio il potere della rete, e auspico la fine del pressapochismo in generale. credo che le redazioni che fanno fuffa ci siano sia su web che su carta, mentre credo che molti blogger autorevoli facciano informazione di gran lunga migliore di molti giornalisti arraffazzonatori (mi è capitato di dare un’intervista telefonica e vdere la mia opinione riportata sì fedelmente, ma in mezzo a un’accozzaglia ignobile di generalizzazioni e approssimazioni, e ho pensato che una blogger seria non avrebbe mai prodotto una roba simile ). se i blogger pubblicassero bufale, i loro lettori di qualità non gliele passerebbero, e perderebbero così la loro autorevolezza: è un meccanismo di controllo. inoltre, se voglio farmi un’idea di diversi punti di vista autorevoli e documentati su un certo argomento, trovo che la qualità e varietà di fonti (tra cui io posso fare un cernita) che si trova in rete sia infinatemente superiore al passato.
Flavia
loso che sono vergognosa ma io i giornali in carta stampata li leggo solo in vacanza quando ho un mucchio di tempo e posso prendermi il lusso di leggere con calma. allora ne compro anche 3 e leggo e confronto, ma durante la vita normale mi informo ascoltando un po’ di telegiornale e leggendo qua e là, mi leggo tutti i giorni la rassegna di confindustria x le notizie di lavoro e le cavolate me le passa mia figlia.
nn so se spariranno i giornalisti, io so solo che mi irrita un certo modo di fare giornalismo, quello con la telecamera puntatacontro la faccia del padre che ha perso il figlio oppure la dietreologia che segue ad ogni fatto di sangue.
ecco,quello è il giornalismo che spero sparisca
Per anni ho letto due quotidiani al giorno. Poi mi sono accorta che uno stava diventando troppo fazioso per i miei gusti e l’altro ha iniziato ad inserire i gossip. Risultato: leggo Corriere on line, ricco anche di molti contenuti multimediali, il che mi piace. Ogni tanto leggo il Corriere cartaceo. La verità è che basterebbe Il Sole 24 Ore per avere le notizie veramente utili senza troppi fronzoli. Spesso mi è accaduto di trovare le “vere” notizie sui free press, sui quali le censure diplomatiche o la faziosità ancora non sembrano arrivati e su cui capita di scorgere in due righe in fondo a destra delle piccole bombe nascoste dai rumori dell’informazione “più importante”.
Ma appunto: l’informazione che parte dal basso, che si basa sull’interazione utente-redazione on line/cartacea chiede ai giornalisti di essere sempre più preparati sia professionalmente che per quanto riguarda internet. Chi è più capace si fa leggere e vende la pubblicità. Secondo me ormai versione cartacea/versione on line sono imprescindibili per una quotidiano o periodico che vuole avere possibilità di successo.
P.S.: e non parliamo dei quotidiani di provincia, la sagra del copia incolla del comunicato stampa. La manna degli uffici stampa!
personalmente ho ancora molti pensieri contrastanti sul potere di internet come strumento di massa. penso però che qui, a differenza di quel che sembra, ci sono meno filtri: se scrivi su un famoso quotidiano magari puoi essere un cane ma sei comunque “sdoganato” dal fatto di star scrivendo su un famoso quotidiano appunto; se hai un blog, il blog (o il sito…) sei tu, quel che dici non è autorizzato da nulla ad essere valido ed efficace. L’autorevolezza si crea grazie a quel che dici. per ora direi che internet questo fa: separa un po’ i vari campi.
Grazie dei commenti: sono molto contenta di aver scaturito un bel dibattito. Gli spunti interessanti sono tanti e condivisibili. Purtroppo i giornalisti “classici” non ne vengono fuori bene. Anzi :-((