Una delle tante calamità natalizie che mi affliggono riguarda il calendario dell’avvento: quattro anni fa ho regalato alle mie bambine un delizioso calendario dell’Avvento con ventiquattro tasche da riempire. Vale a dire: ogni giorno dovevo mettere dentro due regalini per non deluderle. Essendo fermamente contraria all’abuso di caramelle, cioccolatini e chupa vari (già paghiamo profumatamente l’ortodontista per due apparecchi e vorrei evitare altre cure&carie) ho cominciato a riempire le maledette taschine con piccoli doni perfettamente inutili: gomme per cancellare profumate, trottoline, adesivi, pupazzetti, figurine, mollettine e mille altre stupidate. Il budget doveva essere un euro a regalo ma quasi sempre ho sforato. Sono arrivata a Natale con la casa piena di minuscole inutilità, lasciate in giro ovunque e la sensazione di aver buttato un sacco di soldi. Così mi sono ripromessa di far sparire il calendario. L’anno scorso sono riuscita a dimenticarlo fino a S.Ambrogio, quest’anno l’avevo nascosto bene in fondo a un armadio (non riesco a buttarlo nel cassonetto senza sentirmi in colpa) e poi verso il 10 di dicembre Anita mi ha detto, guardandomi teneramente: “Sai mamma la cosa che mi piace veramente del Natale è il calendario dell’Avvento”. Così mi sono sentita una cacca e ho rispolverato l’acchiapparegali. Con una precisazione. Qualche volta ci sarà un regalo bello e altre una cosa piccolina tipo cioccolatini (sono stati ampiamente rivalutati). Adesso la situazione è anche peggiorata. Alla mattina scrivo in fretta due bigliettini, tipo caccia al tesoro, “troverai il tuo regalo sul tavolo, della cucina, sul divano, ecc…” perchè il regalo bello/utile misura più di un centimetro e mezzo e quindi non sta nella taschina. Poi spero che una della bambine non rubi il biglietto dell’altra per farle uno scherzo. Tengo le dita incrociate perchè il fiocco rosso in un borsellino di Hello Kitty non sia considerato più bello dell’altro con il fiocco rosa e non ci scappi la rissa natalizia. L’Avvento non mi è mai sembrato tanto lungo!
Dal buonismo consumistico a quello più vero e ammirevole: l’altro giorno ho letto la storia di una donna, forte e coraggiosa, che mi ha molto colpito. Si chiama Robin Lim, è americana ma ha sangue tedesco, irlandese, cinese e filippino. E’ una specie di Madre Teresa delle ostetriche, ha sviluppato una sua filosofia della nascita. Ora lavora a Bali dove ha fondato una sua organizzazione http://robinlimsupport.org e aiuta le donne indonesiane a partorire nel modo più naturale possibile. Si è stabilita ad Aceh, località sconvolta dallo tsunami e ha scoperto perchè tantissime donne del luogo morivano di emorragia post-partum. Dipendeva dalla loro alimentazione, mangiavano soprattutto riso geneticamente modificato e privo di valori nutrizionali, che impediva al loro sangue di coagularsi. Robin Lim ha insegnato alle donne, anche alle più povere, come mangiare in gravidanza e ha salvato molte vite.